Poesie sul vino nell’antichità
Fin dall’antichità, il vino, bevanda per eccellenza, è stato fonte di ispirazione poetica per diversi autori. Il poeta latino Ovidio (43 a.C./18 d.C.), ad esempio, nella sua Ars Amatoria, poemetto didascalico che fornisce consigli di materia amorosa, invita i lettori a non lasciarsi sopraffare dall’ubriachezza (vv. 589-592):
Certa tibi a nobis dabitur mensura bibendi:
officium praestent mensque pedesque suum.
Iurgia praecipue vino stimulata caveto,
et nimium faciles ad fera bella manus.
Ti sarà data da noi una misura precisa per il bere:
che la mente e le gambe eseguano il loro compito.
Baderai ad evitare le offese generate dall’ubriachezza
e la mano troppo lesta alle risse selvagge.
Catullo (84 a.C./54 a.C.), nel carme 27, si scaglia contro chi annacqua il vino, preferendo bere la bevanda in purezza:
At vos quo lubet hinc abite,
lymphae vini pernicies,
et ad severos migrate.
E voi acque, rovina del vino,
andatevene dove vi pare
passate dalla parte delle persone austere.
Poesie sul vino nel Medioevo
Famosissimo è il sonetto 87 di Cecco Angioleri (1260-1310), dove il poeta sarcasticamente afferma:
Tre cose solamente m’ènno in grado,
le quali posso non ben ben fornire,
cioè la donna, la taverna e ’l dado:
queste mi fanno ’l cuor lieto sentire.
Ho a cuore solamente tre cose,
benché non possa permettermele come vorrei,
le donne, il vino e il gioco d’azzardo:
queste sono le cose che mi allietano il cuore.
Anche nella Commedia di Dante (1265-1321) trova ampio spazio l’immagine del vino. Per esempio, per spiegare il mistero della generazione delle anime umane, in Purgatorio XXV (76-78), Dante ricorda nientemeno che la trasformazione delle uve in vino:
E perché meno ammiri la parola,
guarda il calor del sole che si fa vino,
giunto a l’omor che de la vite cola.
E affinché tu ti stupisca meno delle mie parole,
pensa al vino, che è frutto del calore del sole
unito alla sostanza che cola dalla vite.
Poesie sul vino tra Ottocento e Novecento
Il poeta Giosuè Carducci (1835-1907), in una poesia scritta per celebrare l’anniversario della rivoluzione francese, scrive:
Mescete, o amici, il vino. Il vin fremente
scuota da i molli nervi ogni torpor,
purghi le nubi de l’afflitta mente,
affoghi il tedio accidïoso in cor.
Il vino, insomma, come antidoto ai tentennamenti dell’animo.
Ne I fiori del male, Charles Baudelaire (1821-1867) loda il vino, consolazione degli afflitti:
di tutti quei vecchi maledetti che muoiono in silenzio,
Dio, toccato dal rimorso, aveva creato il sonno,
l’Uomo vi aggiunse il vino, sacro figlio del Sole!